Pesaro, 8 gennaio 2020

                                                                                            CIRCOLARE n. 4/2020

OGGETTO:

Novità 2020 per Le regole per le triangolazioni intracomunitarie e per la prova delle cessioni intracomunitarie di beni

Le regole per le triangolazioni intracomunitarie sono state ritoccate dall’art. 36-bis della Direttiva UE 4.12.2018 allo scopo di evitare le c.d. frodi carosello ed uniformare le varie legislazioni europee.

Cosa sono le triangolazioni intracomunitarie

Per Triangolazioni intracomunitarie si intendono quelle operazioni, chiamate anche vendite a catena, in cui intervengono almeno 3 soggetti ma dove c’è un unico trasporto.

Esempio: l’operatore tedesco GER1 vende ad impresa italiana IT1 (chiamata operatore intermedio ovvero promotore della triangolazione) la quale vende ad un’impresa francese FR1, con un unico trasporto dalla Germania di GER1 alla Francia di FR1 curato da GER1.

In generale le cessioni sono due e per costante giurisprudenza UE il trasferimento dei beni deve essere imputato ad una sola delle due cessioni, che è l’unica a beneficiare della non imponibilità  Iva prevista per le cessioni intra UE.

Come si stabilisce a quale cessione applicare la non imponiblità IVA

In sostanza, se il trasporto intracomunitario è riconducibile alla prima cessione (GER1—>IT1), solo questa potrà beneficiare del regime della non imponibilità IVA; le cessioni successive si considerano effettuate nello Stato in cui si realizza l’acquisto intracomunitario; se invece il trasporto intracomunitario è riconducibile all’ultima cessione solo questa potrà beneficiare del regime della non imponibilità IVA, mentre le precedenti costituiranno delle cessioni interne, rilevanti nello Stato ove si trovano i beni.

Per individuare il soggetto che organizza il trasporto si deve guardare al soggetto passivo all’interno della catena che si assume il rischio di perdita o danneggiamento della merce durante il trasporto.

Precisiamo che l’art. 36-bis della Direttiva tratta solamente i casi in cui vi sia un operatore intermedio (il promotore) che organizza il trasporto, in tal caso esso è agganciato alla cessione eseguita nei suoi confronti che viene definita intracomunitaria (cioè non imp. Iva).

Nel diverso caso in cui l’operatore intermedio (il promotore) sia identificato anche nello Stato del primo cedente e trasmetta al primo cedente la comunicazione del proprio numero di partita IVA in detto Stato, il trasporto deve essere attribuito alla cessione fatta dall’operatore intermedio (nell’esempio alla cessione da IT1 a FR1), in quanto la cessione precedente (nell’esempio da GER1 a IT1) è soggetta ad Iva tedesca.

Questa nuova normativa non riguarda le transazioni a catena che coinvolgono importazioni od esportazioni di beni, né quelle all’interno dello Stato.

Conclusioni

Secondo Assonime (Circ. 29 del 19.12.2019), ed in attesa di una Circolare esplicativa dell’Agenzia delle Entrate, anche dopo il 31 dicembre 2019 per le operazioni triangolari restano in vigore le semplificazioni previste dagli art. 42, 141 e 197 della Direttiva IVA e cioè l’istituto della designazione del debitore d’imposta.

Pertanto, nel caso in cui il promotore della triangolazione curi il trasporto, il suo acquisto è non imponibile Iva, ma anche la sua vendita a patto che in fattura designi il suo cliente quale debitore dell’Iva. L’art. 36-bis infatti non incide sulla disposizione contenuta nell’art. 58 del DL 331/93 che prevede la non imponibilità (se il trasporto è a cura del primo cedente) per entrambe le cessioni effettuate dagli operatori nazionali, e cioè dal primo cedente e dal promotore della triangolazione: è il caso in cui IT1 venda a IT2 il quale vende a UE1, con trasporto da IT1 a UE1 a cura di IT1.

Si attende la Circolare ministeriale esplicativa in considerazione anche del fatto che questa Direttiva UE ancora non e’ stata formalmente recepita in Italia.
Dal 1° gennaio 2020 è entrata in vigore la Direttiva Europa in tema di scambi trasfontalieri. Ma quindi cosa cambia per le imprese?

Andiamo con ordine: il 4 dicembre 2018 sono state approvate 4 Direttive Unionali (cd. Vat Quick fixes) che si occupano di disciplinare il sistema degli scambi intracomunitari in attesa che entri in vigore il sistema IVA definitivo dello Spazio Unico Europeo. Lo scopo è disciplinare in maniera più precisa la non imponibilità IVA nel caso di movimentazione dei beni da Stato a Stato, risulta pertanto importante dimostrare che i beni sono stati effettivamente spediti/trasportati in due Paesi Membri e che lo scambio è avvenuto tra soggetti IVA.

Per prima cosa, la direttiva europea 2018/1910/UE in vigore da ieri 1° gennaio 2020, attribuisce un diverso valore al numero identificativo IVA che assumerà valore sostanziale e non meramente formale. In particolare, sono considerate non imponibili le cessioni di beni spediti o trasportati fuori dal proprio territorio e destinati a essere introdotti in un altro Stato membro al momento dell’acquisto se:

  1. i beni sono ceduti ad un altro soggetto passivo in uno Stato Membro diverso da quello di partenza;
  2. il destinatario deve essere un operatore economico, deve comunicare al cedente il proprio codice identificativo IVA e deve essere identificato in uno Stato Membro diverso da quello di consegna/spedizione del bene. Il codice identificativo deve essere validato dal sistema elettronico VIES prima che si realizzi l’operazione non imponibile così da aumentare i controlli e ridurre le frodi fiscali;
  3. il regime della non imponibilità è vincolato al corretto invio dei dati tramite INTRASTAT.

Dal 1° gennaio 2020 viene armonizzata la documentazione utile a fornire l’onere della prova di consegna (cioè l’effettiva movimentazione di beni) così che tutti gli Stati membri dovranno utilizzare i medesimi elementi di prova – introducendo una sorta di check list dei documenti ritenuti validi giustificativi della consegna al cliente UE. Gli oneri documentali aumentano quando la spedizione è curata dal cliente comunitario (vendite EXW).​

Attenzione quindi dal 1° gennaio 2020, la mancata comunicazione del numero identificativo IVA o la mancata compilazione del modello INTRA fa venire meno il diritto alla non imponibilità della cessione intracomunitaria. Gli operatori quindi devono verificare che il cessionario disponga di un codice identificativo IVA, sia iscritto al VIES; e si devono ricordare di presentare il modello INTRA altrimenti devono emettere una fattura con l’IVA al 22%.

A tale rigidità, resiste tuttavia una concessione, se il contribuente riesce a giustificare la mancata presentazione del modello INTRA o ha agito in buona fede, è possibile beneficiare del regime della non imponibililtà.

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Lo “Studio Giampaoli & Partners Consulting” rimane a Vostra completa disposizione per ogni ulteriore chiarimento.

Cordiali saluti